50 anni di guerra, raccontati, per una volta, in modo diverso.
Vuole essere questo la mostra “La guerra negli occhi” che dal 9 aprile al 26 giugno si terrà nelle Gallerie di Piedicastello, a Trento organizzata dalla Fondazione Museo Storico del Trentino. Una guerra vista con gli occhi di Romano Cagnoni, uno dei fotoreporter contemporanei italiani più importanti, toscano di nascita ma vissuto davvero in tutto il mondo, accumulando e vivendo esperienze uniche.
Una mostra che vede la guerra, e la vive attraverso le sue immagini, in quella che diventa una biografia prima, ed una autobiografia dopo. Di Romano, certo, raccontata però da Matteo Bortolotti, scrittore – romanziere – sceneggiatore che collabora alla mostra come narratore sulla base di una profonda stima e collaborazione con il fotoreporter Cagnoni. “Le foto che abbiamo raccolto – spiega Bortolotti – sono legate alle emozioni e non solo ai luoghi della guerra. Io credo che la funzione cronistica delle foto si esaurisca nel tempo mentre quello che rimane, oltre alla memoria, è il grande romanzo dell’uomo. La mostra si ripromette di approfondire il conflitto vero e proprio, quale, purtroppo, è la guerra, con le emozioni che genera e scatena”.
Ed è per questo che i primi scatti che si incontreranno alla mostra saranno proprio 4 foto, provenienti da posti diversi, con le persone, i testimoni, con lo sguardo puntato verso un futuro che forse non c’è e che in quel momento appare quanto mai incerto: sono proprio loro i protagonisti, loro malgrado, della guerra.
E proprio per questo il manifesto dell’evento non poteva che riproporre un ritratto in bianco e nero, un primo piano, uno sguardo. Una scelta ponderata a lungo che alla fine è apparsa quasi inevitabile agli organizzatori della mostra di aprile perchè raccoglie in una sola immagine tutti i significati, tutte le valenze di questa iniziativa. Una bambina, di neanche dieci anni, che tiene in mano una bomba di mortaio, trovata per terra e raccolta per curiosità, o come trofeo, o chissà per quale strana idea. Una vittima e nello stesso tempo una sopravvissuta che nel suo sguardo profondissimo e scuro raccoglie una marea di parole e nello stesso tempo di incertezze. Scattata a Sarajevo, nel 1992 la foto sarà esposta nella Mostra nella sezione Effetti Collaterali.
Ufficio Stampa: Elisabetta Caracciolo