L’avvento del digitale ha cambiato, e sta cambiando, profondamente il modo di comunicare la politica. L’importanza di questa nuova dimensione comunicativa è ravvisabile nel dato che la maggior parte dei politici, e delle organizzazioni politiche, sono presenti nel web nelle molteplici piattaforme online: Facebook, Youtube, Twitter o un sito internet. Quest’aspetto evidenzia come, ad oggi, la necessità di vincolare il messaggio politico attraverso internet e le piattaforme di interazione sociale, sia ormai considerato un diktat fondamentale per chiunque si candidi, o ricopra già, una carica istituzionale. Nell’era del cosiddetto Web 2.0 dove il mondo comunica attraverso le nuove tecnologie, è indispensabile che la politica trovi la sua dimensione all’interno di questo sistema, tenendo conto che il buon utilizzo della rete è un fattore che può incidere fortemente nella vittoria elettorale di un candidato piuttosto che di un altro.
Ma in che modo l’avvento del web, ed in particolare dei social media, ha modificato gli schemi della comunicazione politica? ; e soprattutto, i politici sanno sfruttare efficacemente la rete?.
In merito al primo quesito occorre, innanzitutto, fare una precisazione: ogni singolo media ha un diverso effetto sull’elettorato, da cui deriva anche un diverso approccio al mezzo. I “ New media” si discostano significativamente nelle modalità di fruizione rispetto ai media tradizionali. Infatti, se per la televisione la comunicazione è principalmente unidirezionale, con l’avvento dei social, la comunicazione è invece passata da un livello unidirezionale a un livello bidirezionale, paritario. In questo scenario si riduce fortemente la dimensione dell’intermediazione: i social fanno da filtro, da canale di mediazione tra governanti e governati, marginalizzando la tradizionale mediazione giornalistica e televisiva. Insomma il web 2.0 ha determinato “il passaggio dai media standardizzati e di massa, che richiedevano un pubblico passivo, ai media sociali, che consentono la partecipazione dell’utente”. Ciò che appare evidente è che non esista più una direzione unica ed univoca tra politica/o e cittadino, bensì un interazione continua, dinamica e, soprattutto, percepita sullo stesso livello, in uno scenario nel quale potenzialmente tutti possiedono i mezzi di produzione necessari per diffondere il proprio messaggio ad un pubblico di milioni di persone. Un altro elemento, già presente nell’ambito della comunicazione politica, ma che ha assunto una centralità inedita e dirompente con l’avvento dei social è quello della personalizzazione. Quest’aspetto, già favorito dal mezzo televisivo, viene enfatizzato ad esempio dall’account su Twitter o dal profilo su Facebook, realtà digitali nelle quali il soggetto politico può esprimere pensieri e posizioni su numerosi argomenti. Attraverso questi strumenti, ciò che appare rilevante da sottolineare è la parola diretta del soggetto, priva di mediazione esterna , e che ha permesso di costruire una vicinanza e un’intimità un tempo difficilmente realizzabili a causa del filtro mediale.
Inoltre i social, e più in generale la rete, hanno inciso significativamente sulla velocizzazione della comunicazione. A differenza di qualche anno fa, dove la diffusione dell’informazione viaggiava a ritmi più lenti, oggi, ad esempio, le risposte ad un attacco o a una proposta un tempo affidate al lavoro dei media, sono immediate o addirittura avvengono in contemporanea grazie alla possibilità di esprimersi garantita dagli account personali.
Un ultimo elemento al quale guardare è quello della semplificazione, frutto non solo delle caratteristiche sintattiche di alcune piattaforme, ad esempio Twitter, ma anche del tentativo di reinterpretare la politica attraverso l’uso di un linguaggio più “smart”.
Sulla base di questi aspetti elencati,il cambio di passo e di rotta della comunicazione politica ,appare ormai evidente e destinato ad incidere sempre più significativamente sulla stessa elaborazione dell’idea di politica nell’era dei social media.
In questo scenario profondamente modificato dai social, in cui c’è sempre un maggiore uso del web da parte della politica, è utile soffermarci sul secondo quesito posto all’interno di questo memo : i politici sanno usare efficacemente la rete?. A questo proposito è necessario partire dalla considerazione che la quantità non equivale sempre a qualità. Nonostante i social siano strumenti straordinari per la politica, sono ancora pochi i politici ad averlo capito. La maggior parte, infatti, utilizza il web come se fosse un estensione della televisione, limitandosi a parlare, raccontare la propria storia, dimenticandosi di ascoltare e di interagire con gli altri, o facendolo in maniera errata. Ciò che emerge quindi è che nonostante la grande diffusione del web, manchi una conoscenza appropriata dai più che permetta di utilizzare la rete in maniera efficiente per creare e consolidare il consenso politico. Il web ha successo se si pongono al centro gli utenti e si interagisce con essi, e questo perché nell’era del web 2.0, del mondo “social”, è necessario costruire un approccio diverso basato sulla personalizzazione della notizia, sull’interattività. Fallimentari, pertanto, sono le politiche comunicative on-line caratterizzate da un sito-vetrina del candidato, senza possibilità di porgli domande, e quindi di interagire. Tenendo conto di queste considerazioni, sono essenzialmente due i punti sui quali la politica deve agire affinché possa sfruttare al meglio il potenziale dei media digitali. Il primo è riportare le persone ad interessarsi di politica, e quindi ad avvicinarsi ad essa, in un momento di grande distanza. Il secondo punto su cui soffermarsi è garantire la partecipazione dei cittadini, attraverso discussioni, nelle quali vi sia piena interazione tra politica e società civile, condivisione di contenuti politici, presenza ad eventi e cosi via.