Sui nuovi mercati chi divide perde, chi condivide vince.

L’attuale economia sembra basarsi sempre meno sulla accumulazione di capitali e sempre più sulla acquisizione di Conoscenza, e la gestione di quest’ultima ha destato un forte interesse nelle grandi corporate che, per prime, con la pratica del knowledge management, hanno provato a migliorare lo scambio di informazioni nei propri gruppi di lavoro, migliorandone l’efficienza, attraverso lo sviluppo ed il perfezionamento dei mezzi destinati allo scambio delle informazioni stesse.

In realtà, questo approccio un po’ meccanico, ha incontrato, e incontra ancora, delle notevoli resistenze da parte di quanti, all’interno dell’impresa, sono, o si ritengono, detentori di un bagaglio individuale di conoscenze capace di porli, in qualche modo, in una posizione di forza nei confronti dei colleghi e della stessa impresa.

Ma per poter fruire completamente dei benefici di questo scambio di informazioni bisogna fare tutti un salto di mentalità e voler comprendere a fondo i vantaggi del concetto di Condivisione.

Nasce il Knowledge Sharing.

È ormai abusato, ma quanto mai efficace, l’esempio che evidenzia la differenza tra condividere un bene materiale (se divido il mio pollo con te me ne rimarrà soltanto la metà) e la condivisione della conoscenza (non mi privo del mio sapere se lo condivido con te).
E la riscoperta di questo concetto è alla base della nuova richiesta di umanizzazione di un capitalismo egoistico e vocato al consumo ormai in crisi, con la ricerca di significati, di relazioni, di sentimenti condivisi e da condividere, con gruppi sempre più grandi di persone, facilitata e, in alcuni casi, prodotta dalla rete, dai social network.

L’impresa si troverà quindi ad operare, e competere, in una società che non richiederà più soltanto “prodotti” ma significati, emozioni, valori che saranno tanto più facilmente intercettabili quanto maggiore sarà la interrelazione tra impresa e clienti, dipendenti e fornitori generando un legame che darà risultati tanto più importanti quanto più profonda sarà la contaminazione tra individuo e gruppo, tra “ME” e “WE”.

Cogito e la we economy.

Abbracciare i concetti che costituiscono le fondamenta  della we economy è stato facile, potremmo dire che si è trattato di una adesione istintiva, spontanea. Se non suonasse un po’ presuntuoso potremmo dire che, in Cogito, la we economy era sostanzialmente di casa prima ancora di esser stata codificata.

Più complesso sarà tradurre nel lavoro di tutti i giorni ed affiancare i nostri clienti in quelli che, nei fatti, saranno cambiamenti anche significativi nell’approccio al mercato e nella organizzazione aziendale; perchè la we economy “sconvolge vecchie certezze, ma apre immense possibilità. Dobbiamo imparare a viverla, senza paura e senza impazienza, come una scommessa che si può vincere mobilitando capacità che già abbiamo, ma non sempre sappiamo di avere” (Enzo Rullani).
E siamo convinti che ne varrà la pena.

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